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bambino goloso

Il bambino goloso

“Ancora! Ancora!” è la richiesta che può arrivare a mamma e papà dal bambino goloso che strepita perché vuole ad ogni costo una merendina, le caramelle o un’altra porzione della pietanza. Spesso, può essere difficile e faticoso per i genitori contenere e limitare questa domanda insistente, che può interrogare le figure di riferimento. Il cibo e l’atto di mangiare assumono infatti valenze che trascendono il semplice nutrimento, per questa ragione i comportamenti e le abitudini alimentari possono veicolare molti significati che esulano dal mero piacere derivato dal riempimento dello stomaco.

L’obesità infantile

È bene fare chiarezza e comprendere che la golosità che può caratterizzare un bambino goloso non è patologica, diversamente dall’iperfagia che può essere sintomo di un disturbo del comportamento alimentare o di altri disagi psichici, portando con sé il rischio di un forte sovrappeso o di un’obesità in età evolutiva.

La condizione di obesità infantile può essere considerata un preoccupante fattore predittivo dell’obesità in età adulta. Appare quindi chiaro il ruolo centrale della prevenzione primaria e proprio come è stato ribadito dal gruppo di equipe dell’Associazione Pollicino: “Prevenire è meglio che curare e nell’infanzia è un’operazione possibile!”.

Cosa fare se si ha un bambino goloso

In questo ambito di intervento preventivo è utile che i genitori e gli operatori dell’infanzia, che nutrono preoccupazioni riguardo la condotta alimentare del bambino, siano in grado di cogliere i segnali di disagio e malessere, espressi secondo modalità non verbali e che assumono le caratteristiche di un messaggio celato.

In un’ottica psicoanalitica, l’atto nutritivo assume molti significati psicologici, relazionali e affettivi. L’eccesso di richiesta alimentare da parte del piccolo può non essere solo una domanda per ottenere l’oggetto-cibo in sé, ma è anche un messaggio rivolto all’altro, come il papà, la mamma e quelle figure affettive che incontra aprendosi al sociale. Il bisogno, ossia la fame, non va dunque confuso con la domanda d’amore.

Ne abbiamo parlato nell’articolo Cibo e amore: nutrire il cuore

Il cibo può rappresentare un suo sostituto e rivestire la funzione di riempimento e/o di contenimento dell’angoscia. La sensazione di vuoto mai appagata che il bambino avverte nel pancino, in conclusione, può riferirsi in realtà ad un vuoto del “cuore”.

È opportuno in questi casi che l’intervento non sia solamente orientato a livello nutrizionale, ma prediligere un approccio multidisciplinare che prenda in esame le variabili comportamentali, psicologiche, sociali e mediche coinvolte/intervenienti nel disagio.

Risulta importante che gli adulti di riferimento – dei quali le intuizioni, l’ascolto, lo sguardo sono unici e preziosi – possano essere aiutati a comprendere cosa voglia dire il bambino attraverso le continue richieste di cibo.

Non esistono regole e/o risposte universali, ma è bene innanzitutto poter riconoscere i “campanelli d’allarme” e sapere che, anche nella relazione genitore-figlio, il cibo può assumere una serie di significati che possono comunicare un bisogno di riconoscimento, di conferme e attenzioni.

A questo proposito, l’Associazione Pollicino promuove iniziative di prevenzione, sensibilizzazione e intervento clinico sul disagio psicologico in età evolutiva, dando valore ai pensieri e alle preoccupazioni delle mamme e ai papà, così come alle grandi risorse di cui dispongono.

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