Ho letto, come sicuramente molte di voi, la lettera a Severgnini della mamma lavoratrice che dice di non avercela fatta a conciliare famiglia e lavoro.
Quella lettera è stata anche molto criticata, dalle donne, ovviamente. Io invece l’ho trovata molto bella: uno sfogo durissimo e triste, che deriva dalla sensazione di avere buttato tanti anni per poi trovarsi con niente in mano. Se non un fallimento e una constatazione amara, tagliente, lapidaria sulla reale possibilità per una mamma lavoratrice di conciliare tutto: “La realtà è che è impossibile”. Certo che non lo è per tutte, ma ognuna di noi ha la propria storia, le proprie condizioni, i propri aiuti, la propria emotività.
La sensazione di sfinimento che lei descrive così bene, l’hanno capita sicuramente tutte la mamme che lavorano: l’infinito impegno, le energie fisiche ed emotive richieste dalla gestione di una famiglia pesano molto spesso solo sulle donne, inutile raccontarsela diversamente. Qualche papà che si divide equamente il carico c’è, ma quanti sono? Per lo più l’idea è: tu, mogliettina mia, ti occupi della casa e dei bimbi, poi se il mio lavoro strafigo mi lascia un po’ di tempo ti do’ una mano.
Io però vorrei porre l’attenzione su un punto fondamentale di quella lettera, che non è stato tanto considerato nel dibattito che ne è seguito: la mamma che sente il peso di un fallimento, ha lasciato un lavoro che non amava e che ha scelto un po’ per forza, sotto l’influenza della famiglia di origine e di un padre amato e ingombrante.
Chissà, forse se avesse seguito se stessa a avesse avuto un lavoro che amava, privilegio raro e di pochissimi, le cose sarebbero andate diversamente. Vorrei dire a questa mamma che si sente giù, di non mollare. Probabilmente non ha nemmeno quarant’anni, e ha la fortuna, il privilegio, di potersi permettere economicamente di non lavorare. E allora, ritorni a quella ragazzina che sognava di fare la giornalista e di scrivere di cronaca di costume. Ritrovi le sue passioni e vada a riappropriarsi di tutto ciò che ha lasciato indietro in questi anni, per una professione che non amava e per le amate figlie.
Riparti da te, cara mamma ex-lavoratrice, decidi quello che vuoi per te, e solo per te. Investi energie in qualcosa che ti appassioni veramente. Forse, anzi, quasi di sicuro, non otterrai grandi guadagni, non avrai quell’indipendenza economica che finora hai avuto, ma avrai una libertà interiore, una forza che ti farà essere migliore anche in famiglia. Sfrutta questo momento in cui ti senti fallita per capire quali strade intraprendere, quali sogni solo tuoi coltivare. Hai ancora tempo. Le figlie crescono anche troppo in fretta. E tu dovrai stare sempre in compagnia di te stessa. Non mollare. Buttati in qualcosa che ti appassioni davvero. Sfida lo sguardo di riprovazione di chi penserà che stai perdendo tempo e che, adesso che hai lasciato il lavoro, dovresti dedicarti solo alle bambine. Non è così. Hai il dovere di dedicarti anche a te stessa e di non sprecare la chance che hai. Anche se magari tuo marito, gli amici, e anche altre donne, non capiranno il senso di investire energie in un’attività non direttamente remunerativa.
Allora ti ritroverai magari la sera, dopo aver messo a letto le bimbe, che so, a scrivere come un pazza su un blog o a inventare progetti e costruire sogni che ti rispondono nell’intimo, e un giorno ti chiederai (e ti chiederanno)…ma come fai a fare tutto?
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