Scrivo di getto, appena rientrata dalla presentazione del libro di Alessandro Milan Mi vivi dentro. Non voglio aspettare domani, preferisco fermare le emozioni su questa pagina bianca finché si agitano tra la mente e il cuore. Questa sera ho trovato conferma a quanto mi ero detta leggendo d`un fiato nel weekend questa storia d`amore. Una storia d`amore semplice, banale se vogliamo, una storia come tante e, come tutte, speciale: con il primo incontro, i primi appuntamenti, la voglia di progetti e di crescere, i figli e le piccole tensioni di ogni giorno, la gioia e anche la fatica di stare insieme, il desiderio di continuare ad amarsi accogliendo le piccole mancanze dell`altro, i suoi difetti. I riti, il lessico familiare, le abitudini, i nomignoli, le passioni condivise, come i viaggi. E poi, un giorno, la malattia. Una battaglia durissima, che Francesca, Wondy, ha combattuto, come sappiamo, con forza indomita, senza mai perdere la grinta e soprattutto il sorriso. Con accanto Alessandro, travolto in qualche modo pure lui dal cancro, che, sebbene fisicamente confinato nel malato, non risparmia certo chi gli sta accanto. Anche Alessandro, in quei lunghi anni divenuto drammaticamente consapevole del significato della famosa formula “nella salute e nella malattia”, si ritrova trascinato nel turbine degli esami, delle terapie, delle diagnosi, delle speranze e delle disillusioni, sostenuto, paradossalmente, dall`energia e dall`inguaribile voglia di vivere di Francesca; stanco, ma incrollabile nel suo desiderio di tenere tutto insieme: il lavoro, l`assistenza a Francesca e il sostegno ai suoi bambini, Angelica e Mattia. Anni senza fermarsi mai, fino all`ultimo giorno, fino alla fine, quando Alessandro si troverà solo, a combattere una battaglia diversa e altrettanto dura: quella per non fermarsi al dolore, ma andare oltre, e intraprendere un percorso per ritrovare e conservare, insieme ai suoi figli, la voglia di vivere. Impossibile trovare un senso in una storia così, una storia che commuove, certo, una storia profondamente ingiusta, ma che lascia anche speranza. Non mi sento di dire che quello di Alessandro Milan sia un libro triste. Lo è, naturalmente. Ma non è alla commozione che ci si ferma. Leggendolo si va oltre, e ci si trova alla ricerca dei significati più profondi del nostro essere al mondo, alla ricerca di qualcosa di inafferrabile, impalpabile e leggero, ma bellissimo. Come la farfalla bianca che Alessandro incontra a più riprese, nel libro, che si ferma per un attimo e poi se ne va leggera. Una farfalla che, ha detto questa sera Alessandro, non è un escamotage letterario, ma che lui ha visto davvero nelle occasioni descritte. Io, francamente, leggendo, non ne avevo mai dubitato.
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