Elena Santarelli me la ricordo qualche anno fa quando portava il suo bambino in piscina a Milano. La incontravo lì ogni giovedì pomeriggio che cercava, come molte di noi, di convincere il piccolo ad entrare in acqua senza troppe storie. Una mamma come tutte, a parte la bellezza pazzesca, ovviamente.
Da dicembre 2017 l’abbiamo ritrovata, purtroppo, nella veste nuova di mamma di un bambino con una malattia grave. E questo non dovrebbe scatenare altro che grande solidarietà, perchè ci ricorda che le vite di tutte noi, anche quelle apparentemente più sfavillanti, sono fragili e dolorose, qualche volta. E invece no. Accanto alla solidarietà, sono comparsi, inspiegabilmente, molti commenti negativi. Perchè sostanzialmente se hai un figlio malato non dovresti essere bella, non dovresti truccarti, non dovresti prenderti un momento per te, non dovresti lavorare, soprattutto se il tuo lavoro è frivolo come quello della mamma in questione.
Io trovo invece che Elena Santarelli abbia saputo gestire con molto equilibrio questo momento durissimo: ha parlato molto poco del figlio Giacomo, ma ha utilizzato la sua visibilità per far conoscere a chi per sua fortuna ne è lontano, un mondo, quello dei bambini malati oncologici, che ha bisogno di sostegno alla ricerca. Ora sostiene il Progetto Heal con la sua tazza natalizia: come è successo a molte mamme quando abbiamo vissuto esperienze così, si dà da fare per aiutare chi si trova nella sua stessa situazione, solo con molta più visibilità di altre.
Si trucca, va dal parrucchiere, continua a lavorare presentando prodotti su Instagram e andando in televisione. Ebbene sì.
Ma cosa dovrebbe fare Elena Santarelli, mi chiedo?
Lasciarsi andare, non curarsi più, smettere di lavorare perchè il suo lavoro non si svolge davanti a un computer, in un ufficio? Non considerare più la sua secondogenita, che ha pure lei bisogno della sua mamma?
Ricordo che tutte le mamme che ho incontrato in ospedale quando mi trovavo lì accanto al mio bambino erano tutte bellissime, nessuna di noi si lasciava andare, riuscivamo tutte a ridere, a chiacchierare, a pensare a cose belle. Era il nostro modo di tenerci a galla, anche se dentro eravamo in pezzi.
È importante sia per i genitori che per i bambini restare ancorati, per quanto possibile, alla propria normalità; pensare che la vita, là fuori dall’ospedale e dal mondo della malattia, ci aspetta, ed è bella, e ricca di speranza.
Quindi trovo inconcepibile criticare questa mamma, che agli occhi di qualcuno ha il difetto di essere bellissima e di lavorare in televisione, aspetti che mal si conciliano, secondo qualcuno, con l’essere mamma di un bambino malato.
E le mando un grande abbraccio, certa che potrà tornare alla spensieratezza di una volta. E allora sì, ci si potrà permettere di criticarla per un abito non azzeccato, un trucco eccessivo o una foto su Instagram.
Edit maggio 2019, il figlio di Elena è guarito dal tumore.
Mi sono vergognata di tornare a lavorare, di uscire con mio marito, persino di andare dal parrucchiere. Mi sentivo male per essermi presa un pezzo di vita per me. Gli sguardi, le parole della gente ti proibiscono di essere altro dalla malattia. C’è un’altra cosa che ti impedisce di tornare a vivere: il senso di colpa per la fortuna che hai avuto. Perché tante amiche che ho conosciuto in ospedale, mamme come me, oggi non hanno più i loro figli. E quella fortuna sentivo di non meritarla più di loro. Così ho cercato di nascondere la mia felicità, ma loro mi hanno detto: “Non ti vergognare”. Ed è solo grazie a loro che ho potuto tornare a vivere tutte le mie emozioni, e mi sono liberata. Mi sono sentita una madre sbagliata, ma non voglio farlo più. E non fatelo neanche voi, non abbiate paura di tornare a vivere.
Elena Santarelli, novembre 2021
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