A partire dal 1 luglio 2019 in Francia i papà di bambini prematuri o comunque ospedalizzati dopo la nascita potranno godere di un congedo di 30 giorni in aggiunta a quanto già previsto dalla legge per tutti i papà.
Un provvedimento davvero utile e che si spera possa diffondersi anche in altri paesi. Il ruolo del papà di bambini prematuri o che nascono con altre problematiche è infatti fondamentale, è un po’ quello di una sorte di ponte tra il mondo della Terapia Intensiva Neonatale e quello esterno. La famiglia si trova in questi casi in condizioni di grandi difficoltà e il fatto che il papà dabba tornare a lavorare dopo pochi giorni rende tutto molto più difficile.
Il provvedimento a favore dei papà di bambini prematuri è stato fortemente voluto dall’associazione SOS préma, la cui fondatrice, Charlotte Bouvard sottolinea quanto sia importante per il neonato prematuro la vicinanza di entrambi i genitori. Secondo gli studi più recenti, la presenza di entrambi i genitori durante l’ospedalizzazione del neonato favorisce la relazione genitore-figlio e migliora lo sviluppo motorio, cognitivo, emotivo e sensoriale del bambino.
Lo stabilirsi del legame non solo tra mamma e bambino ma anche tra papà e bambino è importante e in un contesto delicato come quello dell’ospedale è necessaria tranquillità e tempo. Per i papà è anche importante non sentirsi esclusi e sentirsi utili per il bambino e per la mamma.
Non è d’altra parte giusto lasciare sulle spalle della sola mamma la cura di un bambino ospedalizzato. Nei primi giorni dopo il parto è inevitabilmente il padre che può restare accanto al piccolo mentre la mamma si riprende dal cesareo. E poi anche la meravigliosa e utile esperienza della marsupio terapia è bene che venga vissuta anche dai padri.
Non è facile diventare famiglia mentre il proprio figlio lotta per la vita, in mezzo a tubicini e macchine, allarmi e camici. Non è facile e può essere davvero destabilizzante anche per la più solida delle coppie.
Mio marito, che pure aveva ricevuto massima comprensione al lavoro, ogni sera cenava velocemente, e poi volava in ospedale per stare qualche ora vicino al piccolo e parlare con i medici. Qualche volta, ma solo nel weekend, faceva la marsupio terapia. Io da un lato invidiavo un po’ la sua libertà di movimento, il suo obbligo di andare al lavoro, che mi sembrava, stupidamente, un privilegio. Lui invece invidiava la mia possibilità di trascorrere ogni giorno lunghe ore a contatto con il nostro bambino.
Quando lui poteva esserci io cercavo, con non pochi sensi di colpa, di prendermi una pausa, di stare un po’ a casa o di fare una passeggiata. Così raramente eravamo noi due, insieme, ad accudire il nostro minuscolo bambino.
Non è facile vivere il dolore davvero insieme, ognuno tende a gestirlo e a metabolizzarlo in modo diverso, individualmente. E allora sì, penso che 30 giorni per stare accanto all’incubatrice in due, sarebbero stati un grande regalo.
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