È di questi giorni la notizia del ragazzo di 14 anni che si è lanciato dalla finestra per essere stato rimandato in tre materie. Questo mi ha fatto molto riflettere sul fatto che tanti bambini, compresi i miei, sono troppo perfezionisti, mettendo così a rischio la propria felicità presente e futura, da adulti.
Il mio grande è sempre stato un perfezionista: un voto leggermente meno alto del solito o una nota sbagliata al saggio di pianoforte sono capaci di gettarlo nel panico. Il mio piccolo, di fronte alla bella pagella di quest’anno, si è concentrato subito sulle piccole imperfezioni, sulle sue piccole debolezze. Di fronte a due bambini troppo perfezionisti, mi sono molto interrogata con mio marito su quali siano le nostre responsabilità. Certo, tutti noi vogliamo che i nostri figli siano bravi, che abbiano dei buoni voti a scuola. Ma non mi sento in tutta onestà di dire di averli pressati esageratamente in questo senso. Abbiamo cercato sempre di accogliere le imperfezioni, di non dare peso ai voti meno buoni, alle materie o alle attività per cui non erano portati. Non mi sembra che abbiamo mai cercato di ipercontrollare i nostri figli, imponendo loro degli standard super elevati, Tanto più che poi, presi dalla poco fiducia in se stessi e dal timore di un eventuale giudizio negativo, i bambini troppo perfezionisti tendono magari a scansare le difficoltà, rinunciando a provare ad affrontare le cose per cui sono meno portati. Però, evidentemente, una qualche pressione l’hanno avvertita.
Se noi genitori abbiamo senz’altro più di qualche responsabilità in tutto questo, c’è da dire che l’ansia di bambini e adolescenti è sicuramente cresciuta negli ultimi anni anche a causa di una scuola che ha lasciato completamente da parte la costruzione di un’emotività equilibrata, a favore di un nozionismo assurdo, una competitività malsana e una richiesta di performance sempre al top, trascurando completamente l’obiettivo che dovrebbe essere centrale in qualunque processo di educazione e crescita: la felicità del bambino, del ragazzo e quindi dell’adulto.
Un bambino che cresce nella convinzione di non farcela, di essere in qualche modo sbagliato, diventerà con buone probabilità un adulto infelice, che difficilmente riuscirà ad esprimere le proprie potenzialità e che magari svilupperà anche una serie di disturbi.
L’idea che serpeggia nelle nostre società è che più sono alti i tuoi voti a scuola oggi, più sarà facile un domani trovare un buon lavoro e quindi, in ultima analisi, guadagnare tanti soldi. Ma le cose non funzionano per forza così.
Del resto anche noi adulti, e noi mamme per prime, tendiamo, soprattutto dopo aver avuto dei bambini, ad essere troppo perfezionisti e chiediamo ai noi stessi di essere sempre iperperformanti.
Quest’anno nella scuola completamente diversa in cui si siamo trovati le cose sono molto cambiate. Non è che i bambini non siano più troppo perfezionisti: di fronte a pagelle con lunghissimi, dettagliati e personalizzati giudizi tendono a concentrarsi solo sul “voto”, sul numero cioè che indica se in una determinata area siano nella media, sotto la media o sopra la media. I maestri non hanno fatto altro che spiegare ai bambini, quest’anno, come la sfida non sia rispetto al compagno di classe, ma rispetto a se stessi. Il vero successo non è essere più bravi rispetto agli altri, ma essere oggi più bravi di ieri, in quella materia per la quale magari non siamo portati.
L’ultimo giorno di scuola il preside ha fatto a questo proposito un bellissimo discorso che potremmo intitolare: wear odd socks, indossate calze spaiate. Eh sì, perchè tutti noi siamo imperfetti, anche i più bravi di tutti noi possono esserlo qualche volta. E allora bambini, ha detto, quando vi troverete davanti a un esame, un compito in classe, o anche, perchè no, un colloquio di lavoro, indossate delle calze spaiate. Basta anche una leggera differenza nel tono di blu, per ricordarvi che la vita non è perfetta. Che nessuno e niente lo è. Così, quando sarete in difficoltà, potrete pensare ai vostri calzini e ricordarvi che è stupido andare in ansia, perchè l’imperfezione fa parte dell’essere umano, inevitabilmente. E anzi, proprio lì, in quelle odd socks, in quella imperfezione, esiste lo spazio della maturazione, della crescita, dell’immaginazione, della creatività, dell’ingegno e, perchè no, dell’accoglienza del fallimento, dell’insuccesso. In quello spazio, in quella tonalità diversa dei due calzini, sta una parte vera e importante dei bambini e di ciascuno di noi, un luogo in cui si gioca la partita della felicità, quella vera. Quella che sarebbe troppo riduttivo identificare con un semplice voto.
Dunque, ricordiamocelo anche noi, ogni tanto: wear odd socks!