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disturbi alimentari nell'infanzia

I disturbi alimentari nell’infanzia

Negli ultimi tempi, si sente parlare spesso di disturbi alimentari nell’infanzia, ovvero che compaiono in età precoce. È importante quindi fare chiarezza sul tema in relazione all’età pediatrica.

Come scritto anche nel libro “SFAMAMI” (Edizioni Mimesis, 2021), a cura della psicoanalista Pamela Pace, è bene innanzitutto distinguere i disturbi dai disagi.

I disagi alimentari fanno infatti riferimento a condotte transitorie che si possono manifestare in momenti specifici dello sviluppo. Sono frequentemente espressione di un malessere che attraversa il bambino all’interno della relazione con l’ambiente circostante e le sue figure. Tra le diverse forme di disagio alimentare si possono trovare le bizzarrie, ossia condotte insolite relative all’alimentazione (con modalità e quantità inusuali, ad esempio), la selettività e i rigurgiti.

Quando si parla di disturbi alimentari nell’infanzia ?

I disturbi alimentari, invece, riguardano comportamenti più rigidi, strutturati in quadri patologici, e rimandano a vissuti di sofferenza psicologica che può manifestarsi anche in altre aree, quali il sonno o l’apprendimento. Tra questi vediamo, per esempio, l’anoressia che consiste generalmente in un persistente rifiuto del cibo, ma si divide in diverse forme. In base alla severità del quadro clinico, possiamo infatti distinguerne due: l’anoressia primaria, nella quale il rifiuto sembra legato ad un atteggiamento inadeguato e ansioso del genitore di fronte ai primi rifiuti del cibo da parte del proprio figlio; l’anoressia secondaria, la quale è una forma di anoressia mentale più grave che potrebbe condurre ad un rifiuto alimentare talmente estremo da richiedere, talvolta, interventi di ospedalizzazione.

Nella prospettiva della psicoanalisi, l’alimentazione è strettamente legata all’incontro con chi si prende amorevolmente cura, in particolare nella prima infanzia. Introdurre cibo dalla bocca comporta infatti una fiducia verso il mondo esterno, verso quell’altro che offre del cibo e dunque soddisfa un duplice bisogno: quello di fame e quello d’amore. Il bambino necessita di cibo per saziarsi e dell’altro per soddisfare entrambi questi bisogni. Ma la sazietà e l’amore sono due aspetti ben distinti: la prima riguarda un bisogno fisiologico finalizzato alla sussistenza (mangiare per sopravvivere), mentre il secondo richiama il bisogno di sentirsi amati e desiderati dall’altro che, all’inizio della vita, è spesso rappresentato dalle figure di accudimento.

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Considerato però il legame evidenziato tra cibo e affetto, può accadere che proprio la tavola e l’atto alimentare vengano utilizzati dal piccolo per inviare un messaggio. Cioè per esprimere, in forme più o meno gravi, questioni che riguardano il cuore, il posto speciale occupato nel desiderio di mamma e papà e la fatica, con il prosieguo della crescita, di separarsi da determinate dinamiche relazionali e affettive.

Per questo, si può concludere affermando che i disturbi alimentari nell’infanzia sono un grido che aspetta un interprete in grado di tradurlo, poiché tanto il rifiuto di alimentarsi quanto una condotta iperfagica rappresentano domande di aiuto in attesa di uno sguardo e di un ascolto simbolici.

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