Ci sono notizie che non si vorrebbe mai leggere, come quella dei quattro neonati di Brescia morti in ospedale nel giro di poco tempo.
Sono episodi che non si riesce ad accettare, perchè se la morte già spaventa di per sé, quella di un neonato risulta terribile, incomprensibile, aberrante. E allora si vorrebbe pensare che cose di questo tipo, nel terzo millennio, non possano capitare e che, nel 2019, in Italia, sia sempre possibile salvare un neonato, per quanto prematuro.
È da un po’ di giorni che ci giro intorno e che ho voglia di scrivere un post su questa vicenda dei neonati di Brescia, ma mi sono decisa adesso prendendo spunto dal comunicato del Prof. Fabio Mosca, presidente della Società Italiana di Neonatologia, che afferma che la prematurità va considerata una malattia grave.
Ora, sulla specifica vicenda dei neonati di Brescia morti verrà fatta chiarezza da chi di dovere e se ci sono delle responsabilità particolari verranno giustamente considerate. Ma al di lá del caso di questi giorni, è importante che si sappia che anche in Italia, dove le possibilità di sopravvivenza di un prematuro sono tra le più alte nel mondo, può succedere che dei prematuri muoiano.
I neonati di Brescia morti magari non lo sono per forza per negligenza di medici o infermieri, non per mancanze dell’ospedale, ma perchè la prematurità è appunto una malattia grave, molto grave. E penso che la diffusione della consapevolezza della gravità e complessità della prematurità, farebbe sentire le mamme e i papà di questi bambini un po’ più compresi.
Quando ero in Terapia Intensiva con il mio bambino, nato di 26 settimane per un peso di 830 grammi, mi accorgevo che molti, fuori da lì, pensavano che un prematuro dovesse solo stare al calduccio ancora un po’, che l’incubatrice avrebbe sostituito alla perfezione il ventre materno e che tutto si sarebbe risolto. Io avevo capito che non è così, e speravo ogni giorno di trovarlo ancora lì, il mio bambino. E quando ero a casa, ogni volta che suonava il telefono, avevo paura di rispondere perchè temevo di ricevere la comunicazione che non ce l’aveva fatta.
Anche i bambini che riescono a sopravvivere e a tornare a casa con le loro famiglie, spesso devono affrontare ancora lunghi percorsi in salita e possono portare con sè, anche per sempre, le conseguenze della prematurità che purtroppo no, non è una passeggiata, non è solo una questione di peso, ma è, appunto, una malattia grave, che rappresenta nel mondo la prima causa di morte dei bambini sotto i cinque anni.
Mi faceva male avvertire la superficialità di chi pensava che stando nell’incubatrice per tre mesi, quelli che mancavano al vero termine, il bambino se la sarebbe cavata senza problemi. Anche se, ora me ne rendo conto, non è facile capire cosa è una Terapia Intensiva Neonatale per chi non ci ha mai messo piede.
Essere prematuri significa essere esposti a mille rischi diversi e spesso i trattamenti e gli strumenti indispensabili per far sopravvivere il piccolo (respiratore, sondini, cateteri vari, trasfusioni…), comportano poi una serie di problemi su altri fronti. Quello della prematurità è un mondo nel quale si deve entrare in punta di piedi, cercando di conoscerlo davvero prima di giudicare chi, ogni giorno, si batte per la sopravvivenza di bambini talvolta sotto il chilo di peso.
Il mio pensiero va da giorni a quelle mamme dei neonati di Brescia morti che non hanno potuto portarsi a casa i loro bambini, e ancora una volta mi ritrovo inutilmente a cercare di rispondere a un interrogativo che risposte non ha: perchè io sì e loro no? Perchè questa grande ingiustizia? Perchè?
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