E’ strano incontrare in una situazione di vita normale il chirurgo che ha salvato la vita del mio bambino prematuro, nato di 26 settimane.
Un po’ come quando da ragazzina incontravo i professori in contesti completamenti diversi dalla scuola. E allora capivi che anche loro avevano una vita normale.
Incontrare quell’uomo al supermercato mi ha mandata in tilt. Ero lì con tutta la famiglia, caso raro. Mio marito non ha realizzato subito cosa stessi combinando questa volta, mentre io ho correvo incontro a quel signore distinto, della serie “lei non sa chi sia questa pazza con un bamino sul carrello e un altro che la guarda esterrefatto, ma io devo assolutamente salutarla, perchè lei è il chirurgo che ha salvato il mio bambino prematuro”.
Volevo solo ringraziarlo e fargli vedere quanto il piccolo sta bene oggi. Ho trattenuto lacrime a abbracci, mi sono limitata a una stretta di mano e a ricordargli chi fossi. Anche perché da quel famoso giorno, fuori dalla sala operatoria, davanti alla Terapia Intensiva Neonatale non l’avevo praticamente più rivisto.
Dopo, tra i prosciutti e i formaggi, mi è venuto da piangere. “Mamma, cosa c’è?”. “Niente tesoro, tutto ok” (è solo che ci sono emozioni e ricordi troppo forti, troppo intensi, troppo travolgenti, che ti strappano da una banale mattina al supermercato e ti portano lontano, su un altro piano, in un altra vita, dove tutto assume un significato più profondo, più denso – ma questo l’ho solo pensato, non l’ho detto, giuro).
Ho ricominciato a fare la spesa, sono tornata prontamente su questo mondo. La sera ho sentito un’amica, che può capirmi fin troppo bene: “Eh lo so, anch’io quando incontro qualcuno di loro…è come incontrare Dio in terra”. Già, è un po’ la stessa cosa, con lo stupore dello scoprire che anche Dio fa la spesa.
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