Ci sono incontri, come quello con la pediatra del mio bambino prematuro, che capitano al momento giusto e che sembrano dirci che talvolta, nelle circostanze più difficili, il caso, il destino, la vita, la fortuna ci tende una mano, ci dà un segno per dirci che no, non dobbiamo lasciarci andare, ma continuare ad essere forti. Perché non siamo soli.
Sette anni fa, mentre il mio secondo bambino era ancora in ospedale, la pediatra del mio bambino, del mio primo bambino, quella storica andò in pensione. Panico. Era brava e, anche se riceveva non vicinissimo a casa, con tutti i problemi che aveva il mio piccolo, non volevo sceglierne una qualsiasi. Ma di lì a poco il bambino sarebbe uscito e un pediatra dovevo trovarlo per forza. Decisi di affidarmi al caso e di provare ad andare dalla dottoressa che era subentrata alla mia nello stesso studio. Pochi giorni prima delle dimissioni del bambino, mi chiamarono dallo studio dicendo che la nuova dottoressa si trasferiva esattamente … sotto casa mia.
Un caso, certo, ma un caso ben fortunato. Le portai la relazione di dimissioni e lei mi diede appuntamento per il piccolo pochi giorni dopo.
Gli occhi lucidi, l’emozione autentica: le pediatra del mio bambino disse è un miracolo. Lo disse di slancio, entusiasta, non voleva più lasciarlo andare. Dopo aver letto la sua storia clinica, non credeva ai suoi occhi. E lei, come sta?, mi chiese poi guardando in fondo alla mia stanchezza.
Fu allora che compresi che quello era un incontro speciale. Quante corse per le scale con il bambino in braccio, quante telefonate, quanti appuntamenti. Ci ha conquistati, la dottoressa, con i suoi modi bruschi e al tempo stesso affettuosi, capaci di non permetterti di lasciarti andare, di farti preoccupare solo quando ce ne era bisogno, ma senza esagerare. Mi ha descritto le situazioni sempre con crudezza, senza giri di parole, ma riuscendo sempre a darmi la forza di affrontare tutto a testa alta, con coraggio e con entusiasmo quando le cose andavano bene.
E così, tra broncopolmoniti, cadute, malanni vari, progressi e passi indietro, è arrivato il momento di salutarsi. Certo, ci rivedremo. Ma presto per la Asl i miei bambini non saranno più suoi pazienti.
Chiamerò la pediatra del mio bambino, se avrò bisogno, ma insomma oggi una pagina si è voltata.
Me la sono abbracciata, la mia dottoressa. Me la sono abbracciata perché ho amato il suo lato un po’ ruvido, il suo senso pratico e soprattutto il suo entusiasmo, il suo modo di guardare il mio bambino. Il suo affetto per i suoi piccoli pazienti senza mai essere sdolcinata, senza indulgere al sentimentalismo, ma senza perdere di vista mai il bene del piccolo e, non ultimo, della sua mamma.
Io e la pediatra del mio bambino ci siamo intese. Siamo forti, e ci siamo riconosciute.
“Non si lasci andare alla commozione”, mi ha ordinato oggi, come quando impone ai bambini di non fare storie per una puntura o per un abbassalingua.
Ma lo so che anche lei ha pensato quello che ho pensato io: è stato un bell’incontro il nostro. Che se non fosse che siamo certe che sia stato casuale, ci sarebbe da credere in una trama del destino.
Grazie, dottoressa!
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