Il lutto perinatale è un tema ancora tabú.
Un tema di cui non si può parlare, un evento profondamente doloroso, quello della perdita di un bambino durante le settimane di gestazione, il parto e i primi sette giorni di vita, che colpisce molti genitori (circa 2000 all’anno solo in Italia) che si ritrovano a dover gestire completamente soli una ferita spesso non rimarginabile senza un aiuto professionale oltre al sostegno di chi a quella coppia vuole bene.
Di fronte a un’accadimento così atroce, come quello della morte di un feto o di un neonato, non è facile trovare le parole. Ma di fronte a simili dolori le parole non servono. Occorre però l’ascolto, quello sì, l’ascolto silenzioso, quello in grado di lasciare spazio all’empatia. Occorre quel silenzio attento e delicato, capace di lasciare spazio alla comprensione, per quanto parziale e limitata, dell’inconcepibile.
In questi casi le parole fanno male, specie quando sono volte, seppure in buona fede e con ottime intenzioni, a consolare minimizzando: “siete giovani, ne avrete altri”, oppure: “evidentemente aveva qualche problema”, o ancora “andate a fare un viaggio, cercate di non pensarci più”. come se un bambino fosse sostituibile con un altro, come se non pensarci più fosse possibile.
Il lutto perinatale interrompe il progetto di genitorialità della coppia, i genitori sono impotenti davanti a questa situazione e ciò provoca uno schock emotivo che si ripercuote sul vissuto.
La maggior parte delle morti neonatali sono legate a parto prematuro, perché quando i bambini nascono troppo presto o troppo piccoli sono più a rischio di infezione e altri gravi problemi di salute. Tuttavia, ci sono ragioni per cui un bambino potrebbe non sopravvivere, anche se fosse nato a termine, tra cui: malattie genetiche, complicazioni durante o dopo la nascita, infezioni. A volte invece le cause sono sconosciute.
La donna si sente incapace nel non essere riuscita a portare a termine la gravidanza ed è importante che abbia del tempo per guarire e soffrire.
Quando una donna dà alla luce un bambino nato morto, deve ancora riprendersi fisicamente dal travaglio e dal parto. E’ importante che possa prendere le cose con calma per la sua salute fisica e mentale.
Può provare rabbia oltre che tristezza. Potrebbe sentirsi spaventata e affranta. Non sottovalutare nessuna delle sue emozioni. Non bisogna permettere che la donna si senta isolata nel suo dolore. Ricordale che sarai lì per lei per parlare della perdita. Lasciate che esprima le sue emozioni. Siate aperti all’ascolto quando condivide con voi la sua tristezza e fragilità. Inoltre è bene ricordare che anche il padre può essere profondamente colpito dalla perdita del figlio.
E’ bene evitare di dire ad un genitore che sta affrontando un lutto perinatale ed ha appena perso un figlio frasi del tipo “almeno sai che puoi rimanere incinta”, “puoi riprovare presto”, “questo fa parte del piano di Dio” ed evitare di consigliare la fecondazione in vitro o l’adozione. E non parlare di come la vita sia più facile senza i bambini.
Ascoltare e consigliare a chi passa dalla tragedia del lutto perinatale di farsi supportare da un professionista, di non restare solo, di contattare le associazioni che si occupano di questo per trovare il conforto della condivisione con chi sta vivendo lo stesso dramma.
Dimenticare è impossibile. Accogliere, vivere fino in fondo questo dolore, elaborare un lutto terribile per tornare a vivere la vita, questo sì.
Da alcuni anni in tantissimi paesi si attuano progetti socioculturali per diffondere la consapevolezza del lutto perinatale e le strategie di prevenzione e di sostegno ottimali a chi ne viene colpito. Il movimento del Baby Loss è nato negli USA e si è rapidamente esteso anche negli altri paesi anglosassoni (Inghilterra, Australia e Nuova Zelanda) per poi approdare in Italia nel 2007 grazie alla Onlus CiaoLapo che opera a tutela della gravidanza e della salute perinatale.
Il Baby Loss Awareness Day è internazionalmente riconosciuto il 15 di Ottobre.
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