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Cosa sono gli oggetti transizionali dei bambini

Orsacchiotti, copertine, ciucci così come canzoncine e motivetti musicali sono gli oggetti transizionali dei bambini che permettono loro di elaborare gli eventi e di dare un senso a quanto lo circonda. Il concetto di oggetto transizionale fu coniato dal pediatra e psicoanalista inglese Donald Winnicott intorno alla metà del XX secolo. Secondo Winnicott, la particolarità di questi oggetti è la loro duplice valenza: essi sono reali cioè effettivamente esistenti e parte della realtà percettiva e, al contempo, simbolici perché assumono un significato particolare non in virtù di ciò che sono ma piuttosto di quanto rappresentano.

Infatti, qualsiasi sia la sua forma, in compagnia dell’oggetto transizionale il bambino sa di avere con sé un oggetto, analogo alla figura genitoriale, rispetto al quale veicolare i propri bisogni emotivi. È dunque evidente che l’oggetto prescelto acquisti rilevanza per via della valenza affettiva attribuita: esso non è più un orsetto, una coperta o un ciuccio qualsiasi bensì un membro della famiglia a tutti gli effetti, un compagno di avventure che il bambino porta con sé ovunque e da cui fatica a separarsi.

Quando compaiono gli oggetti transizionali dei bambini?

Come sottolinea Winnicott, l’oggetto transizionale compare tipicamente intorno ai 6–9 mesi e rappresenta un indicatore positivo del rapporto con il genitore. Infatti, durante l’infanzia il bambino apprende la cosiddetta permanenza dell’oggetto: la nozione per cui un oggetto o una persona (ad esempio, la mamma) continua ad esistere anche quando non presente o non visibile. È proprio l’acquisizione di tale consapevolezza che permette di sopportare la frustrazione provocata dall’assenza o separazione dal genitore e di trovare conforto in un oggetto familiare sostitutivo.

Perciò tale oggetto è definito «transizionale», in quanto rappresentativo dei riti di passaggio che consentono al bambino di superare la totale dipendenza dai genitori e di conquistare una graduale autonomia emotiva. In altre parole, l’oggetto prescelto offre il sostegno e la sicurezza necessari per esplorare l’ambiente esterno e aprirsi agli altri. Infatti, è generalmente con l’entrata nel mondo della scuola che il bambino abbandona l’oggetto per affidarsi ad altre strategie, quali il linguaggio verbale, come supporto all’elaborazione di esperienze.

Togliere o no gli oggetti transizionali dei bambini?

Può infine accadere che i genitori si interroghino se sottrarre o meno l’oggetto transizionale, temendo che quest’ultimo possa nuocere o essere d’ostacolo alle relazioni sociali tra coetanei. Al contrario, è utile ricordare che questi oggetti sono evolutivamente appropriati e costituiscono una preziosa fonte di rassicurazione per i bambini, particolarmente significativa alla luce del periodo storico attuale incerto e difficile. Pertanto, anziché imporre una separazione forzata dall’oggetto, potenzialmente in grado di generare maggior ansia e resistenza, potrebbe essere più utile ricercare attivamente la collaborazione del bambino e suggerire progressivi compromessi tesi al disinvestimento.

La separazione dall’oggetto transizionale è un processo fisiologico della crescita: essa accadrà spontaneamente quando il bambino sarà pronto a farlo.

Associazione Pollicino e Centro Crisi Genitori Onlus
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