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solitudine degli insegnanti

La solitudine degli insegnanti

Insegnare non è certo compito facile: non a caso, lo stesso Freud sosteneva che il lavoro del politico, dell’insegnante e dello psicoanalista possano essere considerati mestieri impossibili.

Alla difficoltà intrinseca al ruolo di docente evidenziata dal padre della psicoanalisi, negli ultimi anni, sembrerebbe essersi aggiunta quella dovuta ad una non indifferente quota di solitudine degli insegnanti: ciò che professori e professoresse a volte lamentano è il sentirsi soli davanti alle continue richieste delle famiglie e in balia di pretese, accuse, discredito nei loro confronti. Non è raro, infatti, che un’azione educativa proposta dall’insegnante venga contestata e messa in discussione dai genitori dell’alunno.

Questa dinamica potrebbe trovare una sua ragione d’essere nello squilibrio tra polo affettivo e polo normativo che spesso caratterizza il mondo relazionale odierno: a livello familiare, ad esempio, ciò che è considerato fondamentale è che la prole si senta accolta e voluta bene.

In quanto genitori, si cerca di essere comprensivi, flessibili, simpatici e di garantire la felicità costante dei propri bambini. La maggiore disponibilità e affettività delle figure di riferimento, attente al benessere dei più piccoli, è sicuramente una conquista della contemporaneità, nella quale tuttavia corre anche il rischio di considerare limiti, regole, paletti e frustrazioni come “attentatori” alla felicità dello studente e dell’intera famiglia.

Dove origina la solitudine degli insegnanti

La difficile individuazione di norme e valori condivisi socialmente si riflette così nell’isolamento non solo dei nuclei familiari, ma anche degli altri attori sociali, tra cui gli insegnanti.

La consapevolezza di tale solitudine potrebbe essere però il punto cardine per una rinnovata ricerca dell’appoggio della comunità. Ad esempio, sui social fioriscono le pagine e i profili in cui insegnanti di ordine e grado diverso si confrontano sulla propria esperienza, condividendo fatiche ma anche momenti di leggerezza e di ironia sul proprio rapporto con gli studenti e sulle differenze generazionali.

Inoltre, oggi forse più che un tempo, si assiste ad un tentativo di porre l’accento sul lato più relazionale dell’insegnamento: il docente non è visto come freddo mezzo di trasmissione dei saperi, ma viene data importanza alla sua capacità relazionale ed educativa. Senza che questo costituisca una minaccia per la sua autorevolezza, gli strumenti dati dai famosi 24 crediti formativi universitari, necessari per assumere il ruolo di docente e relativi a una formazione in pedagogia e psicologia, possono, a questo proposito, costituire un primo piccolo aiuto per la gestione del prezioso rapporto con famiglie e studenti.

Infine, negli ultimi anni e anche sulla recente spinta degli Ordini degli Psicologi delle varie Regioni, la maggioranza delle scuole offre uno sportello psicologico che è aperto non solamente ai propri studenti ma anche agli insegnanti che lì prestano servizio. In tal senso, la condivisione e l’ascolto di fatiche e risorse può essere un’occasione per fare ordine nella propria pratica professionale e trovare sostegno.

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